Nell’era digitale in cui viviamo, la scrittura a mano sembra essere in via di estinzione, sostituita sempre più spesso dalla digitazione su computer e tablet. Questa modalità è certamente comoda per la più facile condivisibilità dei contenuti a livello telematico e per le agevolazioni che sono presenti al momento della redazione di uno scritto (correttore automatico, possibilità di copia- incolla, ad esempio). Attualmente scrivere a mano, in particolare in corsivo, viene percepito come faticoso e anacronistico; i programmi scolastici riservano sempre meno tempo all’apprendimento del gesto grafico con il conseguente sempre più facile manifestarsi di difficoltà nello scrivere, l’abbandono del corsivo e la rinuncia appena possibile della scrittura a mano.
Le attuali ricerche in campo neuroscientifico stanno dimostrando come l’utilizzo di carta e penna sia di estrema importanza per lo sviluppo globale della persona e porti a innumerevoli benefici dal punto di vista neuro-motorio e cognitivo.
E’ stato provato in recenti esperimenti che scrivere a mano influenza in modo positivo memoria, ortografia e pensiero concettuale. In particolare la scrittura in corsivo è essenziale per quanto riguarda il piano semantico, grafo motorio e della produzione sintattica del testo. I ragazzi che scrivono a mano tendono ad avere una maggior concentrazione, un’esposizione verbale migliore, una più completa comprensione del testo e una più elevata capacità di rielaborare e personalizzare le informazioni.
Imparare il corsivo è quindi importante per l’apprendimento e per lo sviluppo delle capacità astrattive: quando scriviamo liberamente a mano, non solo eseguiamo un’azione senza una guida da imitare, ma il risultato che otteniamo è altamente variabile. Questa variabilità può essere dunque un’opportunità per imparare: il nostro cervello deve comprendere che ogni variazione nella scrittura di una lettera rappresenta comunque la stessa lettera, indipendentemente dalla forma. Decifrare la variabilità di ogni gesto facilita maggiormente la costruzione di una rappresentazione rispetto a vedere sempre lo stesso segno ripetuto in modo identico.
È stato inoltre dimostrato che scrivere in stampatello, in corsivo e digitare su una tastiera coinvolgono schemi cerebrali distinti e separati, ognuno dei quali si riflette in un risultato diverso. Quando si scrive liberamente a mano, non solo vengono prodotte più parole e più velocemente rispetto alla digitazione, ma vengono espresse un maggior numero di idee. In aggiunta, è stata mostrata un’attivazione neurale più elevata nelle aree associate alla memoria di lavoro e un aumento complessivo dell’attivazione nelle reti coinvolte nella lettura e nella scrittura.
Al di là di tutti i benefici cognitivi, scrivere a mano è anche di estrema rilevanza per l’espressione di noi stessi. In tutto ciò che facciamo, di fatto, lasciamo una parte del nostro essere più profondo, rendendola unica e rappresentativa. Allo stesso modo la possibilità di personalizzare e modificare la grafia in maniera da renderla nostra è sia un incentivo a ritrovare il gusto nello scrivere sia un mezzo per esprimere la nostra individualità e creatività.
Inoltre il nostro sistema cognitivo lavora per metafore, le quali facilitano l’assimilazione dei concetti e la gestione dei significati. Queste sono basate sul principio di mettere in relazione, spiegando qualcosa in funzione di qualcos’altro. Le metafore utilizzate da ognuno di noi sono il risultato di avere un corpo con le sue caratteristiche motorie e tattili-cinestesiche. Il linguaggio verbale esprime direttamente tali metafore, mentre in quello grafico (non verbale) queste ultime si realizzano in modo esplicito nel livello di realtà espressiva del foglio. Poter quindi gestire in modo completamente autonomo lo spazio in cui scriviamo ci lascia la libera espressione anche di quegli aspetti, di cui non sempre siamo consapevoli, che rendendo unico e peculiare ciascuno di noi.
A tal proposito Roberto Pazzi, scrittore e poeta recentemente scomparso, si esprimeva in modo suggestivo:
“La scrittura a mano è il linguaggio dell’anima. […] La grafia lascia un odore di noi.
Come un fiato della nostra bocca ancora sospeso nell’aria. È quasi come un dipinto,
attraverso il quale si penetra nel mondo interiore di una persona, spesso oltre la
maschera che vuole offrirci. Le sillabe, le consonanti, le vocali, sono le finestre alle
quali l’anima si affaccia, a volte tentata di restarci per sempre. Allora si chiama
Poesia. […]”
Roberto Pazzi (Quotidiano Nazionale del 22 gennaio 2016)
Liam Bacchi – Psicologo Specializzando del Centro Serenamente